domenica 8 settembre 2013

Guerra civile, uranio impoverito e birra di basso rango. Strappi di Croazia - Serbia

Nei primi anni 90’ era decisamente poco consigliabile progettare una vacanza estiva “low cost” nella costa balcanica. La guerra civile stava dilaniando la Repubblica Federale Socialista Jugoslava. Il conflitto si è protratto dal 1991 sino al 1995. Il risultato di queste cruente guerre secessionistiche ha portato alla nascita di nuove nazioni quali la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina, la Serbia-Montenegro e la Croazia. Le motivazioni dietro questo conflitto sono molteplici e risapute: economiche, etniche e religiose. Finita la guerra, ricucite le cicatrici di un conflitto così dilaniante, che porta ancora delle ferite scoperte tutt’oggi. Rivalità e attriti mai sopiti che si trascinano nella vita quotidiana, odio profondo che si trasferisce nello sport, nella fattispecie nel calcio.


La fila per accaparrarsi l'ombrellone migliore


Le prime avvisaglie di quella rivalità divennero concrete nel 1990 quando la Stella Rossa di Belgrado dovette affrontare la Dinamo Zagabria, quella partita al “Maksimir” non fu mai giocata. La polizia serba caricò i tifosi croati, Boban, all’epoca giovane promessa sferrò un calcio ad un poliziotto, reo di aver picchiato selvaggiamente un tifoso croato. Boban non fu convocato per i mondiali italiani del 90’ per punizione, oltre ad una squalifica di 6 mesi. Durante quel match figurava fra i tifosi serbi anche la tigre di Arkan, Željko Ražnatović.


L'aitante moglie della "Tigre di Arkan"

Nel 1999 per la prima volta si affrontavano Croazia e Serbia, o per meglio dire quello che ne rimaneva della ex repubblica socialista. La partita fu molto dura, come ci si poteva aspettare, gli scontri in campo non mancavano, ma ci fu un po’ di amore anche: Mirkovic si permise di afferrare con molta veemenza gli attributi del croato Jarni. Il direttore di gara espulse il serbo, l’omosessualità ai tempi non era ancora tollerata. Non c’è spazio per la passione sul rettangolo di gioco. Alla fine della partita le tibie rotte si contavano con il pallottoliere, inutile dire che il terzo tempo si è tenuto in un ospedale da campo con una cospicua dose di poliziotti a sorvegliare le tende dei giocatori. Protagonisti assoluti di quel match furono Boban fra le fila dei biancorossi e Mihajlovic tra i serbi. Giocatori che scriveranno la storia del calcio italiano degli anni 90’ e primi anni del 2000. Testimone che nonostante tutto il calcio balcanico sfornava e sforna ottimi talenti, fra le mille difficoltà del caso. Zvonimir e Siniša leader in campo e fuori, leoni di due differenti branchi, generali di due diverse armate. Croazia – Serbia non è solo una partita di calcio, è un proseguo della guerra civile. Lo stesso Mihajlovic dichiarò di non aver mai sentito così tanto una partita, il match più importante della sua carriera.

Le sfide fra queste due nazioni sono sempre uno spettacolo per gli appassionati di wrestling ed una manna per le aziende di stampelle e bende. Nelle repubbliche dei balcani tutti stentano ad arrivare a fine mese, ma i farmacisti e rivenditori di bende navigano nel lusso. Gli stessi ambulanti hanno deciso di dare un taglio alla vendita delle magliette e gettarsi a capofitto nella rivendita di antidolorifici. Una mossa sicuramente astuta.

Il kit messo in vendita dagli ambulanti, 10€ per non correre il rischio di perdere una gamba


Nell’ultima sfida fra Serbia e Croazia giocatasi lo scorso 6 settembre per la qualificazione ai mondiali in Brasile (Vi starete chiedendo quanto è beffarda la sorte ad accoppiare queste due nazioni “poco amiche” in un girone di qualificazione) l’onorificenza di MOM (Man of the match) se la è guadagnata un centrale difensivo con due ferri da stiro al posto dei piedi che risponde al nome di Josip Simunic. Il premio è stato conquistato con successo dopo un intervento da kickboxing ai danni del malcapitato Sulejmani (Segue il video della pregevole azione). Inutile dire che il difensore ha guadagnato anzi
tempo gli spogliatoi, dove lo aspettava una tremenda bottiglia da 2 lt. di birra (rigorosamente in plastica e di scarsa qualità, come è tradizione nella ex Jugoslavia) come commiato dalla Federazione Calcistica Croata per aver tentato di trucidare un dissidente serbo con il solo uso della forza bruta. La partita è terminata 1-1, la Serbia è 3° dietro di 9 lunghezza dai rivali croati che si leccano baffi dopo aver cenato con lo stinco di Sulejmani.  




Questa rivalità, che per radici storiche, è una delle più aspre nel mondo del calcio difficilmente scomparirà. Due nazione che portano in grembo un odio reciproco così profondo e marcato non potranno mai dimenticare gli orrori della guerra, il calcio è una valvola di sfogo, in questo caso una guerra patentata. Fino a 20 anni fa ci si fronteggiava con l'uranio impoverito, ora con il pallone. Non c'è da sorprendersi se le due compagini non si troveranno mai al bar per una birra, nemmeno per una bottiglia di Lasko da 2 lt. , ovviamente rigorosamente in plastica di scarsa consistenza.


Probabilmente uno dei crimini di guerra più grandi

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