Il sogno divenuto realtà di Dennis |
Tutta la grinta di Dennis Bergkamp |
Il silenzioso olandese arriva nella Milano neroazzurra, per
una cifra intorno agli 8,5 milioni di €. L’innocenza di un 24enne con i piedi
buoni viene stroncata di lì a poco. Il calcio italiano è molto diverso da come
Dennis se lo aspettava, trucchetti fisici e mentali sono all’ordine del giorno,
la pressione della stampa insostenibile. L’olandese è introverso, parla con pochi, solo con
il compagno di nazionale Jonk. Lo status psicologico si riversa sull’andamento
del calciatore in campo. Bergkamp non incide, sembra aver paura. L’Italia non
gli piace, dopo due anni decide di cambiare aria, basta qui non se ne può più.
Nel 1995 lascia lo stivale per l’Inghilterra, in due anni gioca 52 match e va a
segno 11 volte. Il popolo neroazzurro lo ricorderà per sempre come un bidone,
senza personalità, ma Dennis è solo chiuso in sé stesso, non ha paura, vuole
solo giocare. Il campo parlerà per lui.
Il "nostro" Dennis piuttosto impaurito |
L’Arsenal lo accoglie a braccia aperte, a dire la verità Rioch,
tecnico dei Gunners, lo aspetta circa 3 giorni con gli arti spalancati, ormai
ha il mal di schiena. Bergkamp stenta ad arrivare perché è in viaggio in
corriera; un po’ scortese da parte sua visto la posa scomoda dell’allenatore scozzese,
è quanto meno da denuncia far venire la sciatica al proprio mister per
cocciutaggine. Quello di Dennis però non è sadismo verso i sessantenni, semplicemente
l’olandese non prende l’aereo per paura: durante i mondiali statunitensi del
1994 qualche buontempone compagno di nazionale gli gioca un brutto tiro: c’è
una bomba sull’aereoplano, qualcuno grida. Dennis va in panico e da lì hanno
inizio i suoi problemi con il volo. Aereofobia è il termine scientifico, questa
paura, non desueta nei Paesi Bassi, ne limiterà la carriera, le trasferte in
giro per l’Europa saranno un incubo per lui. La carriera di Bergkamp sembra
aver preso la più sbagliata delle pieghe. L’olandese però reagisce, nel 1998
arrivano Premier League, F.A. Cup e Community Shield, “The Not-Flying Dutchman”
è il migliore dei suoi, adora giocare insieme a Ian Wright, con Wenger in
panchina poi la squadra assume una dimensione internazionale. L’alsaziano
esalta le doti del ragazzo di Amserdam, gli affianca Anelka, Bergkamp si trova
bene con l’eccentrico Nicolas, ma la stella dei Gunners sceglie Madrid. Francese
per francese, arriva dall’Italia uno scarto della Juventus, si chiama Henry. Il
dado è tratto e la storia farò il suo decorso, nascerà da quella coppia una
squadra fenomenale, Overmars, Seaman, Adams, Pires e Petit (solo per citarne
alcuni…). L’Arsenal del leader francese Henry e del pacato olandese Bergkamp,
entrambi scarti di un calcio italiano troppo narciso per dare una seconda
chance, è temuto in ogni dove. Nel 2004 l’apoteosi di una squadra senza eguali,
49 partite senza sconfitta. La carriera di Dennis però si chiude in lacrime, i
Gunners perdono la finale di UEFA Champions League contro il Barcellona di
Rijkaard. 315 partite, 87 reti ed innumerevoli assist. Il ruolo di seconda
punta è la sua dolce fine, gioca con intelligenza sublime, dotato di un calcio
vellutato di interno destro, imprendibile, leggero ed elegante.
Gli scarti più amari della Serie A |
In nazionale il
discorso non cambia: nel 1998 segna una rete da brividi allo scadere contro l’Argentina,
portando la sua Olanda in semifinale, successivamente persa ai rigori contro il
Brasile. La rete di Dennis è divenuta uno spot del calcio, ogni olandese ha in
mente quella perla e Ayala che dopo la finta del centravanti va a prendersi un
caffè nel peggior bistro di Parigi. Riguardare quella rete fa venire ancora i
brividi, da occhi lucidi e nostalgia verso un campione che purtroppo non calca
più l’erba di Highbury, anche perché le mura del vecchio stadio dei biancorossi
sono dei muri portanti di una serie di condomini. Dennis Bergkamp si ritira e
porta via con sé lo stadio, che beffa. Nello stesso anno una doppia perdita per
i Gunners, infatti non è un caso che un appartamento di questi condomini sia
divenuto un centro di cura per nostalgici tifosi dell’Arsenal, i pazienti si
siedono davanti alla finestra e sospiranti osservano qualche tracagnotto infermiere
simulare le reti del numero 10 laddove c’era Highbury fino a poco tempo fa. Si
narra anche che Wenger dopo gli acquisti di Gervinho e Arshavin si sia
documentato per un eventuale ricovero nel suddetto ospizio.
Qui termina la carriera da calciatore di Bergkamp, giocatore
silenzioso, “senza palle” diviene il simbolo di chi fa parlare sempre il campo,
introverso gioca per gli altri, non per sé. Pecora in spogliatoio, leone nel
rettangolo di gioco.
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